È un fico ormai d’inverno alla sua stagione in quelle sue gonfie vene vinto
che si accendono e si spengono in un bersaglio a cerchi a notte fonda grassa
in un’osteria di campagna nei suoni tonfi quella voglia di chiedere niente a quel braccio.
Su per il naso la nausea ed altro filo cucito quando la vigna s’abbandona
di grappoli maturi adulta ogni giorno che cede alle sue guance un bacio d’ape
è un cassetto chiuso forse confuso è come una linfa d’un tralcio stracciato.
Carte e sentimenti alla mia carne da mendicante a farsi benedire fra acqua e latte
urlare il mio pensiero più giovane di adesso con quella forbice che sa solo guardare
la domanda sospesa nella sua anima di un giovedì piovasco persuasione venuto a trovarmi.
Febbraio è l’ultimo mese d’inverno nella sua vita ormai non c’è ogni quattro altro.
In fondo legato io altrettanto.