Non voglio lacrime sottili
linee verticali su vetri
nell’incombere dei geli
Non delicate scie di purezze
dei cieli
Voglio pioggia impetuosa devastante
che diviene fiume nelle strade
assetate in attesa di riempire le ferite
grigie dell’asfalto
Voglio tuoni e fulmini e sconquassi
perché l’anima sobbalzi insieme ai sensi
perché ogni goccia come pietra
fecondi questo mio corpo riarso
Vorrei che l’acqua mi segnasse
in ogni spazio
Vorrei che mi scavasse per vangare
e per sedimentare
So che cullerei ogni seme
e gli darei me stessa per godere
dei germogli
E per poetare ancora
Ne avverto il gorgoglio nascosto
Ed il sorriso torna