La poesia? Quest’anno si legge in classe sul blog La poesia sta scomparendo dall’orizzonte quotidiano e quando rimane ancora in vista appare come qualcosa di speciale e in fondo stravagante. Anche la scuola, uno dei pochi posti dove ancora si sente menzionare questa parola, quasi sempre la tratta come una cosa lontana dal presente e assolutamente incomprensibile se non attraverso concetti complessi, che scoraggiano qualsiasi entusiasmo.
E poi, diciamo la verità, tutti i poeti di cui si parla sono morti e stramorti. Così si dà l’impressione che anche la poesia non sia che un singolare ricordo di qualcosa che si faceva un tempo, quando erano vivi uomini e donne che adesso non lo sono più. Inutile aggiungere che fino agli anni ’80 del secolo scorso si studiavano e si portavano all’esame di stato molti autori di poesia veramente contemporanea, cioè viventi, operanti nel nostro stesso tempo, e che condividevano una parte della nostra esperienza.
Anche se spesso la differenza di età, rispetto a quella degli studenti, era notevole, i poeti erano vivi, come erano vivi i genitori, gli zii e i nonni. E quelli che erano morti, appartenenti alle stesse generazioni, condividevano una reciproca donazione di senso con i vivi, come sempre, come accadeva per la morte di un genitore, di uno zio e di un nonno. Eppure i poeti sono vivi. I poeti sono vivi perché la poesia vive nel presente, si nutre ed è nutrita dalla vita, dal tempo, dall’esperienza che attraversiamo ogni giorno. E, nei fatti, possiamo cambiare la situazione a cominciare dalla scuola.