Tina Emiliani scrive ora con quest’ultima breve silloge (Crème caramel, LietoColle, 2014), il suo libro più coraggioso – accordato d’indicibile – ma proprio per questo, a tratti, amorosamente eroico, scabro e infinitamente dolce…
Era il mio uomo, io la sua donna.
L’avrei trattenuto con tutte le forze
e l’avrei amato per tutta la vita.
Invece l’ho accompagnato a morire
lungo un corridoio umido sporco buio, infinito.
Le porte si sono chiuse quattro volte
dietro di lui, e poi se n’è andato.
È cosa buona e giusta ricordare, celebrare l’Amore – immaiuscolarlo in ogni istante vissuto ed ora rivissuto: Crème caramel è un titolo goloso, certo, e brioso: ma soprattutto è la scelta di non abbandonasi ancora una volta ai tormenti, all’estenuata, disancorata e sterile tristezza del lutto… Il lutto va elaborato, va consacrato – fors’anche rammentato, riesumato di gioia… Con un’urgenza, una sapienza, sommessamente e docilmente apotropaica:
Abbiamo – forse – sconfitto
la morte.
Eccoli dunque i momenti pieni, la struggenza migliore del libro, che si confessa e ci confessa una nudità, ed assieme un fervore, lungamente encomiabili…
Non di quanto avrei voluto amarti
mi rammarico
perché tanto ti ho amato
e della mia fiamma tutto ti irrorai
ma del breve tempo fugace
che la vita ci concesse, avara.
Di gemme era pervaso quell’amore
la cui luce adombrò le stelle.
Dedizione e fedeltà profonde, che prendono a prestito, si direbbe, la breve luce di Catullo, poi magari le “rime dolenti”, “l’aura mia vital” del canzoniere di Petrarca… per costruire, o meglio celebrare – laico sacramento, lirico inestinguibile coniugio, un legame (quello di Tina col suo Piero) che non cede e non recede cogli anni, ma anzi proprio “la purezza del ricordo”, gli ingranaggi assoluti del tempo e dello spazio esaltano in memoria ritrovata, idillio permanente, certezza sconfinata di un universo ricomposto, di un domani certo, allora…
quando la vita ci fiorì dentro
e
bianche ali d’innocenza si aprirono
a voglie sublimi
Prima citavo Petrarca, perché è il nume poetico che più ha accordato sia la vita che la morte come lati, come parti di un’unica figura geometrica (che è fede e poesia, attesa e conferma all’unìsono): “Or ài fatto l’extremo di tua possa, / o crudel Morte; or ài ’l regno d’Amore / impoverito”… Assegnando sia alla Morte che all’Amore la maiuscola…
Ma è proprio il brio, il sentimento transeunte e cantabile delle canzoni francesi – quelle belle, inossidabili – che qui riemerge, e sfida l’eterno uso e abuso del lutto, ripeto, come ganglo tragico, crocevia tristissimo, purgatorio irredento.
Nuda vuota buia
la tua morte dentro di me
ancora oggi mi flagella
mi faccio piuma leggera
per non sentire il destino
che mi spinge a te.
Tina Emiliani conosce e onora troppo la poesia d’amore per non sciogliere comunque voti e un grazie supremo al sentimento che anche per un solo attimo ci raggiunse, ci accompagnò, deliziò gli istanti. Fermarli, testimoniarli – ecco la tesi fulgida del breve libro – è luce inestinguibile e dovere oltremondano. Tina lo riassume con un verso di Neruda (“Voglio che ciò che amo continui ad esser vivo”), ma lo rievoca, e ancora lo incarna, con la profezia già avvenuta e ancora in fiore di ogni fotogramma del suo, del loro amore:
e ancora oggi io dico mio marito
colmando la bocca e il cuore.
Nel letto occupo il suo lato
come se due fossimo in uno.
Dondolare balbettare poi volare… con tre versi Tina dà la sintesi, racconta l’irraggiungibile che almeno una volta, nelle molte volte dei pochi istanti, la raggiunse… Semplici cose di tutti i giorni, certo.
noi non ci siamo mai baciati
davanti agli altri
per pudore
ora credo che lo faremmo
perché il nostro amore era poesia
era canto, era colore,
era grano da seminare.
Dopo di te, dopo di sé, l’Amore altro non chiede che ritrovarsi.
Questo libro è il suo pegno e il suo ultimo raggio verde di bellezza, quando il sole tramonta, s’estenua stanco di luce, ma forse meglio ci si acquieta dentro, oltre il mare della vita e l’orizzonte dei sogni: immortale in cuore.
Plinio Perilli