nature morte 11
un grosso pesce, coricato su un giornale,
un tavolo di legno in una capanna in
Normandia. silenzio, calura – l’aria
ti fa a maglia dei calzerotti di lana. tu puoi toccarlo o
magari no, le sue scaglie d’argento somigliano a serie
di note di una fredda sinfonia. testa mozzata,
altrimenti potrebbe, posto che
i pesci possano leggere, leggere
ciò che ha sulla pinna dorsale
e gli suggerisce: “ma che fa questa gente?”
inosservata si dilegua la luce, la carta
goccia a goccia assorbe interi mari.
au fond de l’image romba l’Atlantico
trebbiando nella sabbia gli ultimi nomi dei dispersi.
*
Smithfield market 41
lo cercavamo qui e qui perduto lo si credeva?
chissà. illuminato dietro la consunta facciata
di un’ora più che mattutina
il vecchio mercato, l’atrio, gli stand
carichi di carni crude: al di sopra di ceste
e casse-frigo sotto il soffitto ruotavano
lucidi ganci a schiera. costole sciolte,
costano meno al chilo, a gruppetti
i macellai – fumano, scherzano, leggono il giornale.
la chiazza di sangue sui grembiali bianchi
non decifrabile. a un tratto vis-à-vis
un cranio di maiale sottovetro.
nei suoi tratti, a una seconda occhiata
c’è benessere e perfino felicità.
*
saint-just 45
“la vera felicità: aiutare gli infelici”.
una frase di mio pugno. Con gli ideali,
amico mio, tu fra la gente resti così solo
come un’ascia nel bosco.
il citoyen prudhon mi ha fatto
un ritratto dove la mia faccia
è così fina così trasparente
che ci si vede la parete attraverso.
l’assemblea nazionale e il pulpito
che attende i suoi oratori: una parola sbagliata,
solo un suono di troppo, ed ecco che l’applauso
ti piomba sopra come una scure.
*
dal lake michigan 132
tutta la notte infuriò la tempesta
sulla bianca casa di legno, tenuta insieme
da nulla, solo dal chiarore
delle sue stanze. Le corone autunnali
degli alberi la mattina dopo –
come finestre di chiese sfondate.
a riposo il parco dei divertimenti
con i serpenti dei suoi ottovolanti:
nelle estati buone si nutrono
di tutte quelle grida inzuccherate,
ma ora fermi, rigidi, è inverno.
ogni sera, amici, il crepuscolo
ritaglia dai boschi
i profili dei cervi.
camminate lungo le spiagge:
difficile dire in questa solitaria luce
se sia un orso bruno che monta sulla riva,
o un pezzo di legno galleggiante
che bruciato sembra un orso bruno.
*
Esperimento sul sapone 237
Un pezzo c’era sempre lì nei pressi,
seguiva fasi proprie,
s’impiccioliva come a tutto accade,
poi tornava rotondo
bianco e splendente come dentro a un guscio.
pesava come un sasso nella mano,
schiumava, si faceva molle:
ci si lavava, da caino abele.
Se trascurato, si degradava
a scalcinato resto di asteroide,
ma ora umido e lucido
come cosa pescata in fondo al mare,
prezioso per secondi,
e noi intanto a tavola:
serata senza luna, le mani profumate.
[Da Jan Wagner, Selbstportraet mit Bienenschwarm, Hanser, Monaco, 2016.] [Traduzione di Anna Maria Carpi.]
Notizia.
Jan Wagner, nato ad Amburgo nel 1971, vive a Berlino. Scrive poesie e saggi, traduce lirica inglese (C. Simic, J. Tate, S. Armitage, M. Sweeney etc.), è stato coeditore della rivista letteraria internazionale Die Aussenseite des Elementes e dell’antologia Lyrik von Jetzt. Ha pubblicato con Berlin Verlag le raccolte liriche Probebohrung im Himmel (2001), Guerickes Sperling (2004), Achtzehn Pasteten (2007) e Australien (2010). La sua raccolta Regentonnenvarationen (2014) uscita con Hanser Verlag, si è aggiudicata il Premio della Fiera del Libro di Lipsia. Per lo stesso editore è uscita nel 2016 l’antologia Selbstporträt mit Bienenschwarm. Ausgewählte Gedichte 2001–2015 2016.