Nel pallido sorriso del tuo dormire s’accora il mio pensiero afferra gli affanni i silenzi, il trepidare della gioventù insicura
Col filo sottile dell’incertezza ricami vacillante il tuo domani
ed è un intarsio di speranza e di dolcezza
L’agave viene dichiarata ad apertura, quasi a pre-testo, come metafora della scrivente, ma sembra essere anche metafora del figlio, del suo radicarsi nel corpo materno e fiorire una volta – ovvero nascere – e insieme sembra raccontare di un profondo essere figlia, nel sollevare una madre alla quale il volto cola come cera sul proprio male e un padre che l’ha già resa orfana ma ancora la sostiene, dall’altrove, perché – come in una cadenza d’inganno – questo libro è un inno alla chiarezza della vita e dell’amore, così condotto con la struttura botanica di una pianta che sboccia andando per una sola volta da radice a fiore. L’unicità del fiore spiega quanto sia duro e definitivo il fiorire, perché quello dell’agave è il fiore che annuncia la morte della pianta che lo porta come si porta uno stendardo finale.