Composizioni brevi, densamente ritmate, di metafore e cadenze ora chiare e avvolgenti, ora al limite del vaticinio e della segretezza. Dei cieli romani e dell’Urbe, Luigi Cannillo ha qui evocato ed espresso varietà e mistero, sublimità e terrestrità. Tenerezza e crudezza si confondono e s’intrecciano. Passato e presente, memoria e dimenticanza si ricompongono e si sfaldano nella voce che accenna e intona, nel pensiero che si pone domande inquietanti, che tenta risposte ai dissidi e alle ansie.