di Amaterasu calò le vesti fin oltre la Peonia rossa;
e negli altri dei alla rappresentazione primordiale
accorsi un salire crescente di selvatica eccitazione.
Questi cinque versi rappresentano l’esordio al libro della Bronico, posti in esergo, citando un volume in versi di tal L. Garzia: il sottoscritto.
In prima istanza, leggendo le bozze che l’instancabile editore Camelliti ha inviato all’autrice, mi sono chiesto del perché avesse usato un lacerto estrapolato dalla poesia LA DANZA E LA PENNELLATA, e se nel caso volesse lanternare qualcosa ad ipotetico lettore.
In umiltà e visività, accenno ad Amaterasu ed evoco non a caso (citazione da tenere sempre a mente durante la lettura) O’ Sensei Mishima Yukio, tracce possibili (allegoriche o meno) di lettura a questo riuscitissimo libro, che auguro lieto e fiero incedere.
Amaterasu rappresenta nella teogonia nipponico la divinità (kami) del “Sole”.
Un giorno, dopo una ennesima malefatta del fratello Susanoo, perse la sua proverbiale calma ed infuriata e umiliata lasciò la dimora celeste e si rinchiuse in una profonda grotta. L’universo divenne privo di luce e le divinità sgomente. La divinità della “saggezza” escogitò un piano: il kami “fabbro” forgiò un enorme specchio metallico, che fu posto all’ingresso della grotta; poi giunse la dea della “danza”, che sopra un barile in legno rovesciato incominciò a ballare… La frenesia del movimento prese il sopravvento e la sensuale kami incominciò a spogliarsi mostrando nella sua interezza la nudità del corpo. Le divinità presenti scoppiarono in un “ridere” eccitato. Lo sghignazzare e la foia fragorosa giunse fino alla caverna. Amaterasu incuriosita si avvicinò alla porta/e della spelonca: gli occhi della dea videro la sua stessa immagine riflessa nello specchio di metallo, e tanto si stupì per la sua bellezza o che un’altra dea potesse in questo uguagliarla, che gli altri dei, approfittando della momentanea constatazione/ponderazione/distrazione, riuscirono a tirarla fuori e convincerla a tornare in cielo a risplendere.
Se il principio dell’arte marziale risiedeva in un de siderio ardente di morte, che senza mai unirsi al pessimismo o all’indolenza si alleava invece a un’energia traboccante, al fiore dell’apogeo della vita e alla volontà di combattere, non esisteva nulla che potesse opporsi con altrettanta efficacia al principio della letteratura. Il principio della letteratura consiste nel controllare la morte e nell’usarla segretamente come forza motrice da utilizzare in false costruzioni, mentre la vita viene sempre tenuta in riserva, immaginata, miscelata, opportunamente con la morte, irrorata di conservanti e dilapidata nei capolavori letterari che posseggono una lugubre vita eterna. O piuttosto sarebbe preferibile dire che l’arte marziale è morire insieme ai fiori, la letteratura è coltivare fiori imperituri. E i fiori che non appassiscono mai sono fiori imperituri. E i fiori che non appassiscono mai sono fiori artificiali.
Lamberto Garzia,14 febbraio 2018
Alessia Bronico (Atri, 1981) ha pubblicato in poesia L’abito della Felicità (LietoColle, 2016), è inserita in Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea n. 5 (Raffaelli Editore, 2017).