Quadro I
A picco sull’orlo d’un grido
cercavo altezze, memorie
di lievi cadute a planare
sull’Uno di tutte le cose.
Tentai di fugare il dolore
forgiando a penne festose:
riflesso appiccavo di nudi
profili d’un ventre contratto.
Fui falco. Di colpo abbattuto!
L’inetto delle altissime quote
(strozzato e graffiante richiamo
d’un cielo ramato a rilievo).
Crudele più della morte
questo stato d’ali spezzate!
Supplicai il coraggio d’un pianto
a manna di ninna d’amore.
Quadro II
Piatti orizzonti, agonizzanti
sfumarono agli occhi la luce
freddando mollemente la vita
a folate di tratti-respiri.
Il corpo (la forma distesa
la carne impietrita di me)
dilatò in seno alla terra.
Tacque l’orgoglio! E il vanto:
un’onda sfinita alla riva.
Traslai pacato ed attratto
fuscello sul letto d’un fiume.
Inerme, segnato all’ignoto
vivido rinvenni altro da me.
Or levato del freddo sepolcro
e degli innevati conflitti
a Vita Seguente migrai.
Quadro III
A noce m’apparve la Luce
d’incanto sul palmo del Buio
che nel gioco di brezze sonanti
saziava la bocca del Vuoto.
Fluttuai in quel grembo
sospeso tra folle di Vivi
ricolmi di Grazia e candidi veli
ameni di pace immanente.
Sericee e sinuose garrivano
le bionde chiome dei volti laccati
accesi da sguardi – due laghi profondi –
ridenti ai piedi di zigomi tondi.
E a valle dei visi giocondi
un petalo di rosa rosso-velluto
fioriva a pregiato ricamo
del verbo mirabile canto.