Pare che gli Angeli spesso ignorino
Se vaghino tra i vivi o in mezzo ai morti.
Rainer Maria Rilke
Chiudo i miei occhi che hanno visto a sufficienza la sufficienza
e provo ancora a scoprire quello che è al bivio
lì dove tutti i sentieri errano
lì dove ogni pensamento spaesa
e l’amante piange l’assalto della clessidra
siamo un fascio di nervi tesi alla notte intonati al giorno
io mi provo a rompere il muro di Silenzio a cui fummo gettati
nostro malgrado
malgrado l’accidia quotidiana
malgrado l’ignorare difettoso
ci viviamo rotolanti nelle mezzeverità dell’Uso e Consumo
per me mi provo, angelica creatura, a vivere tra i vivi coi morti
di oggi come di domani come sempre.
Chiedo agli occhi smarriti un ultimo soccorso prima del congedo.
Siamo nella terra desolata, inaridita di senso, piena di Sè
eppure non si disallontanano i figli di terra bruciata
d’amore stracolmo,
d’amore violento di Fiore e di Grembo.
Stiamo nelle lande inospitali senza impagliato Esserci di sorta eppure
il figlio dei figli dei fiori l’ultimo della stirpe di caino
scimmiotteggia, tra un karma e un nirvana all’ombra dei cipressi,
l’ombra del cammino della civiltà.
Non erra dal vero forse il mio angelo
nelle sue si perdono le mie parole e i miei occhi:
La vista della morte
Fu data a noi soltanto; il libero animale
Dietro di sè ha il suo tramonto,
Dinnanzi non ha che Dio.