dall’introduzione
I versi di Donato Di Poce sono veramente “donativi”, nel senso che traboccano d’amore pur rimanendo estranei alla solitudine solo quando abitano in “Crateri di luce” per il figlio Matteo, o quando dialogano con il fantasma della madre adorata. Quando, invece, svelano le intensità di una presenza/assenza femminile, senza esigere nulla, i versi calcano le orme spaesanti di un desiderio che affonda e naufraga in uno sperdimento straziante, per approdare ai confini del mistero del femminile … di Tomaso Kemeny
Interferenza di luce
Amore,
Tra te e me
C’era solo una distanza
Un’interferenza di luce.
E non dimenticarti
Le parole chiamate baci
E i silenzi scritti tra le tue braccia.
E se mi sono perduto
È solo per essere libero
Dentro una voragine d’amore.
Scrivere in due
Mi sono abbandonato a te
Soltanto per pensare più a fondo
Per guardare più lontano.
Mi sono abbandonato a te
Solo per donarti
I miei esercizi di libertà.
Mi sono abbandonato a te
Per raccogliere le pagine
Strappate in silenzio
E i frammenti di una vita
Da scrivere in due.
II.
E non si è mai soli abbastanza
Quando l’umiliazione dell’essere chiama
All’ultimo assedio delle parole
A un’estrema distanza dalle cose.
E la realtà chiama
A un senso più forte
A una vera presenza
A una sapienza e a un dire
Che non potrebbe essere altrimenti
Scartocciando l’Anima senza intenzioni
Senza correzioni.
Leggo e scrivo ancora con stupore
Perché esista un ricordo di te
L’impronta d’una vita sprecata
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