II mondo che va meglio e che ci piacerebbe
è quello appena inventato da una mano,
tra il futuro stellare e quello costante
che si conta nel numero delle case,
degli orgasmi delle foglie e delle piante
invasate dal sole, e nelle unghie
del cane illanguidito che scava nell’aiuola
un fosso di escrementi che ci riporta diritti
verso il centro della verità amorosa:
noi due che ci guardiamo impunemente,
che osserviamo le figure nei contorni,
la polpa del colore e le abitudini del sangue.
Per metterci al riparo dalla morte,
barattandola con lo sguardo impersonale
di Roma, una città senza mare.
E anche tanto rimane a noi da fare:
permettere anche agli occhi di guardare,
non soffermarci sul vento boreale,
e finalmente amare il cervo bianco
che si aggira tra le case quando vuoi vederlo,
perché ogni finzione è poesia e viceversa.
Tutto questo con orrore in faccia al tempo,
e con un metro libero e ancestrale.
foto: Zhana Topchieva-Hitchcock’s birds
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