Riprenderò la fuga che senza fine
sciolga o soltanto
allontani questi incontri delusi
ogni volta un radio-taxi
– nel numero la formula che assolve
liberando per magia
aria di brume verdiane
comosette tre minuti e
invade un pensiero che va
andate
col nodo stretto sopra il diaframma
il bolo che sale nella gola e
sicuro occlude la giugulare
morirò adesso o ancora
bisognerà attendere un fumo affilato
al cervello
ancora dovrò restare presente
all’avvertimento dell’arco
sentire lo spiritello soffiar via
via
via
i sensi tutti
all’erta.
***
L’anima incenerisce o solo
rattrappisce e dissecca
finito il lievito
svapora
sfinita
s’affloscia
come azzimi
appiattita
rimpicciolisce
scura e demente.
L’anima di riserva
proprio sul rettifilo del terminale
(intravisto l’arrivo)
silenziosa
perché nessuna parola più
nemmeno anima.
***
Sindrome da pensiero della differenza
Senza affetto e con tante mozioni
amica mia,
adesso che i piccoli uomini
perse le penne degli indiani nell’ultimo massacro
non sanno quello che si fanno
smobiliti senza discendenza – o ci sarà?
poi mi sarai vicina e ostile in una sorellanza
da affidamento
In slalom libero s’apparecchia la slavina
ma lo sapremo e demarcheremo sul pericolo
la differenza
pensata ponzata e soppesata
quanto vasto e totale il pensiero che il varco scava picchetta
e sfinisce
Come non ti amo
amica mia
del cuore che fibrilla:
ieri ti ho cercato
a conforto di un sogno
sulla segreteria telefonica ti ho rintracciato:
trovato il tuo abbraccio insieme con tutte
le altre donne in nero nella piazza
del presidio permanente.
In silenzio
sono andata a letto
tra due cuscini.
***
Soprav(v)ento
(sopra il vento più veloce l’airone
furba anche l’anitra di gioco e colore
che in acque dolci a lungo si conserva poi
infine
intenerita sdilinquisce
in una scia pudica che tenace
fissa l’argine maestro)
La strada che maestra traccia le attese
e stempera una folata di temporale
sapiente assesta al bello stabile
imperturbato e scommosso.
La strada che senza maestri indica
un ritorno di vaghe promesse
custodite sulla parola
di domenica pomeriggio
quando parlare è quasi d’obbligo
querulo lo scilinguagnolo
gratuito un fruscìo d’ali
(i maestri non ci saranno mai più
nemmeno a ripetere in ginocchio tutto
il cammino
cento chilometri e quattro caselli d’autostrada furibonda
di sciarpe bandiere e slogans
un delirio d’attesa fuori dalla mente)
mentre la nebbia incalza l’argine
si perdono le ali. E l’aura.
***
Ragiono
dio quanto ragiono. Inchiodata la testa
e la sedia
(mantovanella in noce massiccio
ancora conserva la mano che piatta
raschia la venatura e veloce
leviga e lustra
d’arte povera e cera)
ogni volta sbaglio.
Sfodero la ragione e la paglia
arguta e saccente sfaglia
e rapida sputa penne e sentenze.
Puntuale la mattina raccolgo
il drenaggio
endorfine a scaglie
ne conto cinque e sette sovente
ne scopre la mente:
che non voglio mettermi in mare mai più
piuttosto saturno bilioso s’azzoppi
lontano rimanga o
congiunto a plutone
sparisca per sempre veliero
di urano.
E io qui
seduta la schiena un po’ curva
ma la mente
la mente buondio
quanto sicura ragiona!
***
A picco sullo scoglio annunciato
la vertigine già tutta saputa
(ma c’erano oppure non veleggiavano
sotto costa e corrente
avvisi ai naviganti e
pericolanti
saltimbanchi o
solo pirati
del futuro irridenti
scommettevano nel porto franco
una regina tanto piccola da sfuggire
allo scacco?)
in quel naufragio lì
che nessun altro fu consentito
lì
che intanto controllavo e la ruga ai lati
della bocca ispessiva
ma non s’allungava
lì scoppiava il teatro. Della memoria e dei
ritorni
obliqua affossavo un sorriso
di freddo.
Il freddo qui è lungo
come una malattia che affondi in tendini
e cuore
Si spegne progressivo
nel risalire la radice
fino a laggiù
dove s’innesta il dolore
quanto fondo e roditore il muso
indurito della talpa
che scava e rimanda
– ma quando verrà
che t’importa – sì che m’importa se non
ci sarò
– sicuramente urlerai
metti che tenga le labbra cucite
– si sfrangeranno anche i denti dammi
retta una volta:
sprofonderà il bulbo dei tulipani giganti
quelli di Rembrandt. (Senza mulini
e polder
bubboni da incidere
alla radice scoppiati)