Nell’opera di Tiziana Cera Rosco, il corpo è una grande ragione che parla delle cose per le quali tragicamente esiste, determina il linguaggio con i suoi sospetti di invisibile, metaforizza “un tentativo continuo di accoppiamento col mondo” come dice l’autrice e che conduce il lettore dalle vette mistiche delle sante fino alla radice piú intima del sentimento della terra.
Corpo Finale raccoglie le poesie degli ultimi 10 anni con una cronologia ribaltata dall’ultima poesia scritta fino alla prima come a fornire la chiave d’accesso per tutti gli enigmi che la poesia porta, non solo come linguaggio ma come senso relativo al linguaggio, e che non risolve. È il corpo “cosa/dio” che incrocia anche i corpi fisici e memoriali evocati dei maestri con cui l’autrice spesso discorre come accompagnandosi con essi quotidianamente tra tutti Rilke, Nietzsche, Celan, Auden, in un dialogo che appartiene alle parole colte (nel senso di “alte”) e còlte (nel significato di “raccolte”) che affiorano dall’itinerario autoriale di definitiva corporeizzazione della Parola.
Notizia
Tiziana Cera Rosco, poetessa e artista, è nata nel 1973 a Milano, dove vive ed opera. Cresciuta nel parco nazionale d’Abruzzo, porta nella scrittura tutto il retaggio della sua terra e il misticismo metaforico che viene dalle Sacre Scritture vissute in un luogo così particolare.
Ospite di numerosi festival nazionali e internazionali, ha per anni portato la parola poetica in luoghi di eremitaggio e solo tramite voce.
Ha pubblicato Il Commento alle Sette Ultime Parole di Gesú sulla Croce (Papero, 2017), Dio Il Macedone (Lietocolle, 2009), Il Compito (La Vita Felice, 2008), a cura di Milo De Angelis, Lluvia (Lietocolle, 2006), Il Sangue Trattenere (Atelier, 2003), Calco Dei Tuoi Arti (Lietocolle, 2003), a cura di Giuseppe Conte e Giampiero Neri. Corpo Finale è la sua ultima raccolta.
Così sola Così vicina a me Cosi tremendamente vicina a me da rompere la stella fissa Così addolorata del liquido Così riversata nell’universo Così lontana Così lontana da me Nei globuli di una costellazione. Così universo.
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La conta degli occhi.
Mio caro amato Rainer Oggi sono rientrata dall’aperto E nella conta degli occhi mancano quello d’oro, Quello screziato nel mezzo E quel grappolo di pupille che spesso chiamammo Dio Ma che con me ha abbandonato una creatura dentro un secchio Fuori dal bosco In mezzo ad altre frattaglie che avrebbero potuto essere speranze E invece. Per cui se in sogno vedi qualcosa di tremendo Ti prego non scambiarla per un bianco violento simile ad un angelo E dille di tornare da me, convincila a tornare Fa niente se grida fa niente i canini fa niente la verità Il mio cane perde siero dalla pancia Quando premo nell’encefalo Un’immediata inversione di mondi Un’inversione di un bianco potentissimo. Mio amato Rainer Siamo tutti morti, anche le nostre parole