le dita congelate, le mani strofinate contro le braccia
e ancora, la bambola di pezza, appesa, le tovaglie,
lo spago, le mollette, le api, l’erba fina...
Così passavi estate
il clacson ci risveglia in coda all’autostrada:
l’Angiolina, l’Oscar, in fila per le scale,
le mani, i ballatoi,
il cesso del palazzo.
Postfazione
Una passione apertissima per il mondo esterno, per l’umana realtà circolante, nella varietà non banale del suo esprimersi, o anche solo nel suo apparire per immagini. Ed è così che si manifestano nel nuovo libro di Pelliccioli, in linea di coerenza e di sviluppo con il precedente, C’è Nunzia in cortile, svariati personaggi, nell’umiltà quotidiana e nella concretezza ruvida del loro accidentale esserci. Una realtà che Pelliccioli sa spiare con sensibile avidità, fra strade, stazioni, cortili, campi di calcio, tra “scorribande di orfani e monelli” e un campionario misto e multicolore, all’interno del quale sembra quasi crogiolarsi, coinvolto eppure esterno osservatore di una folla di volti appiattiti nelle loro comunissime storie, nella loro fisionomia dialettale, nei loro corpi normalmente “arresi”. Ma poi il testo sa aprirsi alla narrazione di vicende cupamente avventurose, avvenute nelle condizioni di viaggi estremi, nella contemporanea dinamica di migrazioni e drammatici spostamenti da località a noi sostanzialmente estranee, dall’Africa, con esiti tematici e di scrittura che muovono utilmente il quadro d’assieme, svincolandolo da una possibile maniera già acquisita.
In fin dei conti si ha l’impressione che Pelliccioli senta, più o meno oscuramente, la provvisorietà di un mondo ormai vicino a scomparire, di una realtà autentica quanto vistosamente anonima, sempre più risucchiata indietro, residuale presenza di un passato in cui sprofonda, mentre la cronaca e la storia, anche nel male, vanno muovendosi irreversibilmente altrove.
Insomma, il poeta appare, da un lato, legato, affettivamente, a una realtà che va perdendosi e vuole salvarne nelle sue parole, nel suo raccontare in versi - e quanto più possibile, e ossessivamente - almeno la memoria. Mentre da un altro lato sa cogliere e trasmetterci l’emozione di un’umanità disperata che non possiede più neppure il minimo conforto di una pur misera stabilità.
L’amore e il rinnovarsi della vita spostano poi la materialità ingombrante del reale verso una dimensione di più lieve e persino tenera visione delle cose e del sentire, del sentimento. Pelliccioli lavora con lodevole cura al dettaglio i diversi suoi materiali, lo fa muovendosi nell’accortezza dello stile, nella naturalezza di una pronuncia sempre corretta e scandita da un verso elastico e dunque duttile, ma certo ben quadrato nelle sue cadenze.
Maurizio Cucchi
Notizia
Marco Pelliccioli è nato a Seriate (BG) il 25 novembre 1982.
Ha pubblicato C’è Nunzia in cortile (LietoColle, 2014), finalista al Premio internazionale di letteratura Città di Como, ai Premi Mauro Maconi e Mario Pannunzio, vincitore del Premio AlberoAndronico di Roma. Vapore metropolitano (Albatros, 2009), terzo classificato al Premio Mario Pannunzio. A due passi dal treno (Eclissi, 2015) romanzo segnalato dal Premio Italo Calvino 2014. Un dandy a teatro. Oscar Wilde e Woody Allen (MEF, 2008), saggistica. Suoi testi sono stati premiati e finalisti ai premi Lago Gerundo Europa e Cultura, Mario Soldati, Mario Pannunzio e sono apparsi in alcune antologie e riviste.
Il capitolo La Patirazza del presente libro è vincitore ex aequo della sezione Poesia XIV edizione InediTO Premio Colline di Torino 2015.