Il nucleo ideologico ed estetico della poesia di Maria Benedetta Cerro è tutto risolto nella sfida a penetrare e a dire l’oltranza di una dimensione esistenziale e metafisica che, per intrinseca necessità, oltrepassa il limite dell’hic et nunc della situazione dell’io, da cui pure si origina, per misurarsi con la vertigine dell’assoluto e dell’eterno. Si tratta di un tentativo temerario che richiede una dolorosa dedizione alla ricerca della verità e che trasforma il privilegio della enquête in condizione di lacerante e costante sofferenza, nella scommessa, lungo un percorso in cui si alternano istanti di gratificante acquisizione a momenti di tensione inappagata, di un approdo gnoseologico e linguistico pacificato. Sicché l’intera trama della scrittura poetica si configura e si definisce in un vitale coesistere di spinte antagonistiche e ossimoriche, entro una musica verbale e ideativa che ha preso drasticamente congedo da ogni forma di seduzione, per farsi scabro ed essenziale strumento di conoscenza. In questa prospettiva, con lucida coerenza, Maria Benedetta Cerro mette in atto un rigoroso e impietoso procedimento di sottrazione e di rovesciamento, che restituisce alla poesia e, per essa, alla figura del poeta la funzione mitico-religiosa che una lunga tradizione orfica gli aveva consegnato.
Una – dimmi – parola fatta carta
che accolga ad occhi chiusi
la meno estrema delle nostre prove.
Voglio nel consistere dell’alba
praticare la distanza
volgere al culto della marginalità.
Come dimenticare a oltranza
per vedere nell’invisibile
il più acuminato degli ossi
del poeta futuro.
Notizia
Maria Benedetta Cerro ènata a Pontecorvo il 25/01/1951 e risiede a Castrocielo (FR).
Ha pubblicato: Licenza di viaggio (Dioscuri 1984), Ipotesi di vita (Laicata 1987), Il sigillo della parola (Piovan 1991), Lettera a una pietra (Confronto 1992), Il segno del gelo (Perosini 1997), Allegorie d’inverno (Manni 2003), Regalità della luce (Sciascia 2009), La congiura degli opposti (LietoColle 2012).